È un sapere che prevede modalità d’intervento diverse in base alle fasce d’età (dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di secondo grado) e che coinvolge tutto il corpo insegnante e le famiglie.
In Europa non c’è un quadro normativo omogeneo di riferimento sull’educazione all’affettività nelle scuole. Dagli Anni Cinquanta ad oggi, infatti, ogni Paese ha provveduto all’introduzione di corsi di educazione sessuale nel proprio ordinamento scolastico con diverse modalità, in maniera obbligatoria o opzionale.
L’Italia invece non ha mai istituito l’ora di educazione sessuale nelle scuole nonostante varie proposte di legge depositate negli anni. Oggi peraltro da sola non basterebbe neanche più. Quello che dovrebbe fare il nostro Paese è rispettare la ratifica della Convenzione di Istanbul che, al III capitolo, si esprime in maniera chiara sulle politiche di prevenzione da adottare e all’art.14, comma 1, dice in maniera chiara: “Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi”.
Le scuole che vogliono abbracciare questa progettualità purtroppo la possono sostenere solo in parte. Alcuni istituti decidono di puntare sulla formazione, altri chiedono un intervento diretto sulle studentesse e gli studenti attraverso i laboratori, altri ancora interventi “spot” legati alle giornate istituzionalmente legate alla violenza sulle donne o alle conquiste delle donne (25 novembre – 8 marzo). Il problema è che in mancanza di una legge che introduca l’educazione all’affettività nelle scuole, con l’autonomia scolastica solo i dirigenti o gli insegnanti sensibili si fanno carico di questi interventi. Questo crea un ulteriore disparità nel nostro sistema scolastico che vede una scuola anche su questo terreno ad una doppia velocità quando invece davanti ad un fenomeno che non arretra bisognerebbe rispondere in maniera strutturale e non “volontaria”.
Fondazione Una Nessuna Centomila, credendo molto in questo strumento di prevenzione, mette innanzitutto a disposizione l’esperienza maturata dalle socie fondatrici nei percorsi precedenti alla costituzione della Fondazione (Celeste Costantino nella sua attività parlamentare è stata prima firmataria della PDL sull’Introduzione sentimentale nelle scuole e con l’associazione daSud, di cui è stata fondatrice, ha dato vita alla Campagna #1orad’amore – Lella Palladino è fondatrice della Cooperativa EVA, un’organizzazione di donne attive nelle politiche di genere che gestisce oggi in Campania 5 centri antiviolenza, 3 case rifugio per la protezione di donne sopravvissute alla violenza e da sempre accanto ai centri antiviolenza ha sostenuto insieme a loro interventi dentro le scuole – Giulia Minoli da vice presidente dell’associazione CO2 ha promosso diversi interventi educativi nelle scuole e nella qualità di della Casa Internazionale delle Donne di Roma ha contribuito a momenti di approfondimento sulla necessità di portare questo modello educativo nelle scuole) e si è dotata di un Comitato tematico che vede al suo interno figure che in questi anni di vuoto istituzionale hanno svolto formazione e attività nelle classi. Come, per esempio, Monica Pasquino, fondatrice dell’Associazione Scosse e presidente di Educare alle differenze.
Oltre alle partnership strutturate che la Fondazione ha avviato o è in corso di attivazione, UNC vuole valorizzare esperienze di qualità diffuse in tutta Italia e collaborare per espletare al massimo la progettualità che abbiamo sopra schematizzato per fasce d’età e d’intervento: Università (Gender Studies, Scienze dell’educazione, Pedagogia di genere, Sociologia, Medicina, Psicologia); Centri Antiviolenza; Consultori; Associazioni; Operatrici e operatori culturali; Artisti e artiste.